Louis Wolfson è uno scrittore statunitense di lingua francese. Nato nel 1931 ebbe una diagnosi di schizofrenia e fu sottoposto a ripetuti ricoveri e interminabili elettroshock, per volere della madre.
Louis è un ebreo americano che mal sopporta la propria lingua “idioma inglese” ; il ragazzo giunge ad esprimere il rifiuto per la propria madre attraverso il rifiuto della lingua materna e di tutta l’impalcatura lessicale utilizzata a chi gli è intorno.
Wolfson rifiuta di subire l’abuso dell’intrusione delle parole data dalla lingua materna, l’inglese, e si difende da questa intrusione tappandosi le orecchie, distraendosi o camminando per strada a New York ascoltando delle cuffiette collegate ad un magnetofono.
Louis studia le lingue straniere: tedesco, ebraico, russo, sognando di instaurare una sorta di comunicazione con la madre che in quanto ebrea della Bielorussia, parlava fin da bambina il russo.
Il passo interessante che il Nostro compie, è studiare il francese da autodidatta. Nel francese Louis sperimenta l’Altro; Loius è un Altro. Louis è e diventa “lo studente di lingue schizofrenico”.
Le Schizo et les langues è un libro in francese (il francese di Wolfson), scritto con una ortografia riformulata in cui il nostro studente di lingue compie un procedimento sulle parole. Louis crea neologismi, riformula i termini, unisce quasi bulimicamente tutte le lingue che conosce, smonta e rimonta le parole per allontanarsi dalla lingua materna.
L’udito è un senso che non ha possibilità di essere chiuso verso ciò che non è voluto, spiacevole, doloroso. Quello che viene vissuto e arriva prepotentemente e violentemente come un frammento sonoro che induce dispiacere (voce, rumore suono o silenzio),sarà interpretato come effetto sonoro di un desiderio negativo.
La Aulagnier riprendendo l’insegnamento di Lacan pone pertanto l’accento al ruolo della voce nei deliri di persecuzione e nella schizofrenia.
Di fronte a un suono, a una voce che è originariamente associata a una sofferenza, non vi è via di fuga. La psicosi mostra infatti spesso, come il suono produce una percezione da cui non ci si può difendere, aprendo nel corpo un varco che non si può chiudere.
Un varco in cui transita senza sosta la voce dell’Altro.
La voce da cui Wolfson voleva difendersi.
Stasera Vivaldi e la sua Follia ci accompagnano. Credo che questo pezzo sia un chiaro esempio in cui “mai il significante fu più significato”, come dico.
Almeno per me; almeno per le mie vicende di vita.
“Finisce bene quel che comincia male”.
Dott.ssa Giusy Di Maio.
Non conoscevo questo brano di Vivaldi, però rende bene.
E visto che sei tu (un giorno finirà in qualche jukebox #qualcosa) te ne offro uno che, molto diverso, mi ci fa pensare parecchio, al contenuto del tuo testo. (brano conosciuto attraverso una pubblicità, mi pare del mulino bianco)
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eh.. ma io Goran lo amo ahahahahaahah l’ho visto anche dal vivo in Piazza e… ah! ricordoni poprio! tutto questo perchè ho uno spiccato amore per l’est misto a quello esagerato per l’Africa 😀
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Beh, non ti fai mancare niente: ormai l’ho capito! 😉
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La vita una è!
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Sì, così dicono. Qualcuno dice anche altro…
Poi sui gusti, lo dicevano già parecchio tempo fa, non si può discutere! 🙂
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😉
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very interesting article. Great Vivaldi piece, I love this music! Also, sound in psychosis I find and have found, it perhaps derives from humans early communications being drumming and drumming evokes such deep emotion. In the case of schizophrenia and abuse it is a primal trigger (I believe) so it makes sense. One cannot “unhear” a past sound. IMO. Same with sense of smell.
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thanks for your interesting comment. In fact, the drum and the beat was the first means used by humans to communicate. this beat is so fundamental because it recalls the maternal heartbeat, therefore there will always be something in the rhythm that will be important for humans. words that are sound productions are closely connected with the speech of the beat and musical rhythm and are fundamental in many pathologies, such as schizophrenia.
and as you have rightly said, even for the sense of smell it is the same (in fact in many delirium people smell odors that do not exist).
thanks for the excellent point of reflection 🙂
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Yes, You’re welcome! I find your posts so though provoking and informational, thank you. Yes! The heartbeat, is so vital and primal. I love drums and all percussions. Primal, instinctual and connected. Have a great day!
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exact! I understand your love for percussion, I feel the same! thank you very much for appreciating my work 🙂 🙂 🙂 have a good day, too 🙂
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oops thought provoking🤷🏽♂️
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don’t worry 😀
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🤓
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Questo è davvero un signor post….e devo dire che l’accostamento a Vivaldi apre l’arcano mondo subliminale dei contrasti… Notevolissima riflessione, Giusy ❤
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Posso solo ringraziare, davvero🙏🤗
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figurati è davvero interessante lo spostamento del linguaggio come difesa dal disagio… e tu lo hai raccontato con lucida struttura per poi produrre il colpo d’ala de “la follia” … l’ho goduta questa cosa e dovevo dirtelo
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lieta della condivisione del “godimento”… 🙂
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🙂
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Il tuo articolo è affascinante, non so cosa dire, a volte ho bisogno di cose nuove per maturare in me cara Giusy …
La musica che ci offri, che originale, un’opera sulla follia, rara e così unica!
Per tutto questo grazie Giusy
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Corinne donc tu me fais bouger à nouveau 🙂 quand j’entends des mots comme les vôtres, je suis très fier de mon travail. tes mots sont très beaux et doux.
grazie mille, un abbraccio!
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spesso in quelle menti si nascondono genialità fuori dal comune, non dimentichiamoci che la maggior parte dei compositori, degli artisti, sia pittori che scultori e altro, erano di fondo un po’ pazzi nella vita di tutti i giorni, gli esempi sarebbero davvero numerosi. Probabilmente follia e creazione vanno in qualche modo a braccetto..
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non di rado genio e follia collimano, e come dici tu gli esempi si sprecano davvero. gli artisti spesso vivono nella follia in quanto profondamente sensibili e attenti.. diciamo che da questo punto di vista, per noi è solo che un vero piacere visto che godiamo di opere di rara bellezza 😀
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Che meraviglia… davvero un accostamento che comprendo bene
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Mi fa piacere se ti è piaciuto😊😊
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😀
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Forse perchè dall’altro non ci si deve sempre difendere. Leggendo il brano mi vengono in mente le persone che sentono le voci. Voci che dicono loro di morire, per esempio. E se stessero dicendo di cambiare qualcosa di se stesso che non va più bene? Ecco che l’altro può aiutarci se lo accettiamo, se lo facciamo diventare nostro alleato, anzichè pensare di doverci difendere da lui
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Ciao Giulia, hai fatto un bellissimo commento che offre spazio di apertura e riflessione.
Un primo presupposto da cui partire è che la normalità non esiste; noi muoviamo lungo un continuum che va dalla nevrosi passando per i disturbi border, fino alla psicosi e nella “normalità” noi siamo mediamente nevrotici. ora.. cosa c’entra ciò?
Questo aspetto è importante nel momento in cui andiamo a valutare il discorso dell’altro e le annesse possibili psicopatologie. Attualmente siamo molto portati a “tappare” piuttosto che ascoltare (pensiamo anche a tutti i disturbi ansiosi), ma nel caso specifico della schizofrenia, seppur la tua lettura non è da escludere al 100% (il discorso si farebbe davvero lungo e articolato), parliamo di deliri e “voci inesistenti” quindi dal punto di vista organico, vanno trattate di conseguenza. Dal punto di vista analitico, invece, autori come la Aulagnier sono stati precursori nel trattamento di tali disturbi anche dal punto di vista psicoanalitico.
Grazie mille per questo commento, comunque non so se hai già visto ma c’è anche un articolo in cui presento a schizofrenia. Grazie ancora 🙂
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Premetto che non ho studiato psicologia, nè mi sento “un po’ psicologa” però parlo molto con il mio terapeuta relativamente al modo in cui le nevrosi o le psicosi risuonano all’interno della società, e del modo in cui la psicologia stessa le curi. Ecco, penso che troppo spesso si cerchi di normalizzare qualcosa che è già “normale” perchè è la condizione genetica del paziente. Non dico che chi sente voci “maligne” non debba essere curato, ma anzichè tentare di farle sparire, provare ad ascoltarle, e cercare punti di vista che possono consentire al paziente di convivere pacificamente con quelle voci, senza farsi del male o farne agli altri. Ecco, la riflessione sul tappare anzichè ascoltare mi fa venire in mente che si presti molta più attenzione al sintomo che non al paziente. Dal mio punto di vista, la psicologia serve ad aiutare le persone a liberare il vero se, quello che viene represso o difeso dai dolori e dai traumi esterni; ti fornisce gli strumenti per sentirti te stesso e vivere in armonia con il contesto sociale, portandoti a scegliere cosa è giusto per te, non per chi ti valuta. Ti consente di vivere senza giudizi. È difficile da fare, perchè per quanto ci proviamo, il giudizio è difficile da eliminare, però lavorare su noi stessi, impegnandoci ad essere persone, e poi professionisti liberi, in grado di scegliere, non la strada più facile, ma quella migliore per l’altro; accorgerci che l’altro non è la sua malattia, ma un valore aggiunto da accogliere; ecco, forse così si può crescere e migliorare insieme ☺️ grazie a te per lo spunto, vado a leggere l’altro articolo ☺️
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Giulia sono molto colpita dai tuoi commenti perchè non sei una psicologa, sì, ma hai una sensibilità introspettiva che ti porta a cogliere elle sfumature che magari altri, non prendono. Hai ragione sulla questione del sintomo, pensiamo a tal proposito al grande lavoro svolto da Basaglia che invece di chiudere fuori dalla città “i pazzi”, li ha accolti facendoli diventare parte attiva del tessuto sociale. i tuoi interventi mi fanno davvero molto piacere 🙂 e in bocca al lupo 😉
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Ci sono tante persone illuminate, le cui scelte possono non essere comprese, ma seguendo quelle strade “alternative” si può cambiare davvero qualcosa, Basaglia uno di questi, anche se viene ricordato come quello che ha chiuso i manicomi🙄grazie e in bocca al lupo anche a te per la tua missione ☺️
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😀 in Italia siamo sempre indietro e sempre pronti a puntare il dito, a sfavore, e abbiamo avuto modo di tacciare come negativi grandi intuizioni di grandissimi pensatori che abbiamo avuto la fortuna di avere -.-
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Come diceva Eienstein? “Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose” tipo giudicare, o ancorarci al vecchio e non sperimentare. Perchè se c’è qualcuno che può fare la differenza, siamo noi e possiamo farla ora, proprio in questo tempo di crisi, non solo sanitaria, ma sociale. In cui i vecchi modelli si stanno dimostrando inefficaci per affrontare la realtà, ed è più “facile” proporre modelli nuovi. Il problema è che poi anche la novità si impone come unica via percorribile, quindi il sistema non cambia. Con un po’ di elasticità mentale, e un po’ di sforzo, si può interpretare la realtà in base a diversi modelli, adeguati alle diverse situazioni.
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concordo ancora una volta. Sfortunatamente la novità spaventa tanto da diventare -paradossalmente- di nuovo stasi e noto perchè proprio la paura ci spinge a renderla “già” piuttosto che un “nuovo”. E’ un discorso molto interessante 🙂
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Assolutamente, e da approfondire in tutte le declinazioni 😃
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noi possiamo confrontarci ogni volta che vogliamo e in effetti.. mica è poco 😀 facciamo il nostro, così 😀
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😚
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🤗🤗🤗
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https://youtu.be/AO-ij4NZ788Mi hanno colpito non pochi passi del tuo scritto. C’è una sorta di ineluttabilità dove raramente la follia conserva nel farsi guarigione il valore innovativo e profetico, questo rende il bene e il rapporto differente. Toccato dalla grazia quando comprende e anziché destrutturare lo porta oltre per ricomporre una nuova unità. Grazie dei pensieri.
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Grazie mille per le tue parole e per aver apprezzato il mio scritto 🙂
Lavorare con “la follia” mi ha aperto strade, pensieri ed emozioni di difficile descrizione, e come dici tu.. in alcuni casi si corre il rischio di bloccare il flusso vitale (e artistico) di molti che hanno – in molte occasioni- illuminazioni o pensieri ben più lucidi e veri di quelli che sono chiamati sani. Molto ci sarebbe da dire in merito. Grazie anche per il piacevole pezzo 🙂
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🙂
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