Meglio l’affetto o il cibo?

Alla scoperta dell’esperimento di Harlow.

Buona lettura

Durante gli anni 50, una buona parte degli psicologi e sociologi sostenevano che i bisogni primari come la fame o la sete, venissero soddisfatti attraverso il legame con la madre e in conseguenza a ciò, derivassero sentimenti quali affetto o amore.

Lo psicologo Harry Harlow tuttavia non era particolarmente convinto di ciò poichè partì da un quesito specifico : “l’affetto o l’amore dipendono e si sviluppano in conseguenza del nutrimento offerto, allora perchè tali sentimenti resistono anche dopo la fine del cibo stesso?”.

Harlow decise pertanto di condurre un esperimento su cuccioli di scimmie Rhesus; scimmiette già piuttosto autonome intorno a 2/10 giorni che presentano inoltre un pattern comportamentale e affettivo simile alla nostra specie (ricerca di contatto, prossimità fisica o allattamento).

La situazione stimolo proposta consisteva nel mettere a disposizione del cucciolo due surrogati materni si cui uno era provvisto di biberon (dispensatore di cibo) ma fatto di solo ferro (pertanto freddo) mentre l’altro sprovvisto di biberon (cibo) ma fatto di un materiale morbido simile al pelo di scimmia.

Le osservazioni mostrarono come il cucciolo trascorresse la maggior parte delle ore sul surrogato “caldo” per spostarsi a quello “freddo” solo nel momento del bisogno del cibo.

Secondo Harlow quindi la funzione dell’allattamento è in primis quella di assicurare calore e vicinanza al bambino (un contatto intimo e personale) volto soprattutto a dispensare sicurezza e presenza in caso di pericolo. Quando Harlow spaventava i piccolo cuccioli con rumori o pupazzi, questi si giravano e correvano verso la mamma “morbida”, inoltre anche l’esplorazione dello spazio cambiava.

In presenza della mamma di pelo, i macachi si sentivano più sicuri pertanto esploravano lo spazio per poi ritornare dalla mamma morbida; cosa che non accadeva se lasciati alla sola presenza della mamma di ferro.

Aggrapparsi al pelo è un comportamento specie- specifico che consolida il legame di attaccamento. Inoltre Harlow notò che se le scimmie erano lasciate in isolamento sociale per un periodo di 3 mesi le seguenti problematiche in termini relazionali, erano ancora rimediabili ma se il tempo di isolamento saliva oltre i sei mesi, le scimmie attuavano tempo dopo, comportamenti di tipo sociopatico o autolesionista, andando anche a lenire comportamenti di tipo istintuale come quello di allevare la propria prole.

Questi esperimenti appartengono alla lunga categoria di quelli considerati poco etici (togliere un cucciolo dalla propria madre), che tuttavia hanno aperto una lunga strada circa la comprensione del comportamento umano che è meno scontato di quanto si possa immaginare.

Le spiegazioni lineari difficilmente sono le più indicate per spiegare il comportamento e le scelte umane.

“Finisce bene quel che comincia male”.

Dott.ssa Giusy Di Maio.

Lascia un commento