
M. entra nello studio in maniera veloce e senza guardarsi intorno, dopo aver preso appuntamento una settimana prima in seguito alla sua telefonata veloce, confusa ma diretta.
M. ha i capelli ricci neri come la fuliggine (in seguito la fuliggine ritornerà nel nostro colloquio in quanto avrò la sensazione di sentirmi come un residuo della combustione, in seguito alla fiamma che saranno le parole di M.)
M. ha un cappottone nero che le copre ogni centimetro del corpo, non ho percezione dei suoi confini; sembra una ragazza senza limiti. Il viso è apatico, grigiastro con delle improvvise venature rosse che mi fanno percepire della vita in lei.
Strofinando le mani e in una sequenza senza sosta, M. dice
“Domani saranno 10 anni che mangio di tutto. Mangio, mangio mangio poi vomito oppure butto nel corpo qualsiasi cosa mi aiuti a buttare di nuovo fuori, tutto. Vorrei sparire, non so che fare.. voglio un altro corpo.. cioè.. Io mangio ma non mi interessa niente del cibo.. Una cosa vale l’altra.. cruda, cotta.. ancora congelata.. basta che mi riempia. Devo sentire che sono così piena da non poter respirare più. Non voglio sentire nessuna parte vuota del mio corpo. Devo essere piena”.
Per bulimia nervosa (chiamata anche sindrome binge-purge- con crisi bulimiche/condotte di eliminazione), si intende un disturbo caratterizzato da assunzione di grosse quantità di cibo; quantità di gran lunga superiori a quelle che normalmente vengono assunte da qualsiasi individuo in un certo lasso di tempo. Questa assunzione è fatta durante le abbuffate (binge); l’abbuffata è fatta in un periodo molto limitato di tempo (spesso non più di un’ora) momento in cui il soggetto assume una quantità di cibo spropositatamente elevata.
In seguito a questa assunzione vengono messi in atto dei comportamenti compensatori inappropriati, volti ad eliminare il cibo e a “perdere le calorie assunte”: provocarsi il vomito, abusare di lassativi, digiuno, eccessiva attività fisica.
La bulimia è un disturbo maggiormente femminile (90- 95% dei casi); il disturbo esordisce nell’adolescenza o prima età adulta (di solito tra i 15 e i 21 anni) perdura per anni, con periodi di remissione.
Le persone bulimiche spesso hanno un peso normale ma non è inusuale che si arrivi ad un tale calo di peso, da ricevere una diagnosi di anoressia nervosa.
Si stima che le abbuffate possano essere circa da 1 a 30 episodi a settimana; l’assunzione di cibo avviene in uno stato onirosimile ovvero senza piacere, quasi come si stesse dormendo/sognando. Il cibo è assunto quasi senza masticare ( sono infatti preferiti alimenti morbidi, molto dolci e calorici). Il cibo non è assaporato nè osservato; il quantitativo calorico assunto durante le abbuffate varia da 1000 calorie a oltre le 3000.
Prima di abbuffarsi le persone sentono profonda tensione/agitazione; c’è irritabilità e ci si sente estraniati dalla realtà; non c’è controllo sul bisogno di mangiare che diviene l’unico pensiero fisso, unico obiettivo.
Quando M. parla mi sento come fossi il cibo che lei ingurgita senza piacere e senza desiderio. Mi sento usata – durante i suoi racconti-, ingoiata; sento di non aver sapore nè consistenza. Mi sento un corpo qualunque privo di funzione e spessore (analogamente al cibo che perde la sua funzione ad esempio, nutritiva).
Con il vomito in conseguenza dell’abbuffata, accade come uno squarcio della realtà, una rottura, un collasso del confine (analogamente a M., che raccolta nel suo cappotto, sembrava un corpo senza confini).
M. mi rimanda una immagine priva di colori, un mondo fatto di fuliggine (come i suoi capelli) .. una fuliggine che copre, macchia e segna.
A lei il coraggio, durante la terapia, di scrostare lentamente la fuliggine dai capelli poi lentamente dal corpo. Un corpo che è per sua stessa natura marchiato – venendo da esso- dal desiderio. Un corpo che riscoprirà piano piano.. Passo dopo passo.
Piacere dopo piacere.
“Finisce bene quel che comincia male”.
Dott.ssa Giusy Di Maio.
una brutta malattia che non è facile da gestire.
Sono rimasta molto sorpresa e dispiaciuta quanto ho letto: “Mi sento usata – durante i suoi racconti-, ingoiata” deve essere molto brutto sentirsi così!
Ci vuole molto coraggio ad ascoltare i problemi altrui… e in qualche modo farsene carico, complimenti, è un duro lavoro!
Ti abbraccio 🙏
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Ciao Sara, è la componente data dal controtransfert 🙂 i pazienti rimandano cose (sentimenti, emozioni) e noi rispondiamo, risuoniamo con loro. Accade che si venga “accusati, masticati, scossi, sfidati” e tanto altro. Il nostro training serve proprio a saper gestire/contenere queste evenienze. Grazie mille, sei sempre tanto cara. Buona serata, un abbraccione.
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Un sujet très spécifique que l’on ne doit pas traiter sous le coude tant il est évocateur de troubles graves.
Les troubles du comportement alimentaire compulsif cachent parfois de plus gros problèmes…
Bonne soirée Giusy.
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certainement Tony, le sujet est complexe, surtout d’un point de vue purement psychanalytique. j’ai parlé ici du trouble pur, le plus cognitif et non des éventuels liens psychiques sous-jacents.
bonne soirée 🙂
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Grazie Giusy …
È un argomento delicato per me.
buona serata
“Bisous” forte😘🤗
Corinne
Ho scritto l’articolo su HC Andersen, c’è un cenno per te;)
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Corinne cara! ❤ ho appena letto il tuo delizioso articolo. Grazie per aver apprezzato l’argomento anche se “delicato”. Ti abbraccio forte, forte 😘
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Una enfermedad que la he leído en varias oportunidades cuando se refiere a los artistas. Sobre todo en el mundo del ballet. Una batalla ardua para tratar de sanar. Interesante el tema que has tratado. De manera se logra esclarecer todo lo relacionado con la bulimia.
Que tengas buena excelente semana
Manuel Angel
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Sí Manuel, es fácil que en unos ambientes más que en otros, este malestar psíquico encuentre expresión; el proceso de curación es lento y estas personas cambian fácilmente de un trastorno a otro (por ejemplo, anorexia), pero con estrategias específicas se pueden lograr grandes resultados. muchas gracias por leerme. una semana super positiva para ti. un abrazo
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Sorella ne ha sofferto, e comunque ancora desso dopo anni può accadere che succeda.
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certo, immagino. questi disturbi sono piuttosto difficili da trattare comprendo il disagio di sorella
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Soprattutto da ragazza, per via che prendeva peso. Ho fatto un pezzo sul fatto che avrà perso trecento chili nella sua vita.
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lo devo andare a rileggere, sai 😀 le tue “narrazioni” (che mi risultano tragicomiche) ormai sono imperdibili 😉
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Se ci tieni Esperta di diete, persi fino a trecento Kg.
E’ corto un minuto al massimo.
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eccert che ci tengo 😉 grazie
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Soffro di disturbi alimentari da quando ho circa 13/14 anni. Ne sono fuori quasi totalmente, e ti posso dire che mi ritrovo totalmente nelle sensazioni di M. Tuttavia, per me il mio terapeuta non è affatto un cibo senza sapore e consistenza, anzi. Per me lui è il mio squarcio della realtà, la mia occasione di percepire i miei desideri scevri dal giudizio, la mia possibilità di confrontarmi, di parlare di me con qualcuno che da me non si aspetta nulla. Ho 29 anni, non so M quanti ne abbia, penso che l’età possa incidere molto. Tuttavia chi soffre di questi disturbi, e io li ho passati tutti e tre, desidera di tornare ad assaporare i cibi, di dare consistenza al mangiare, ma soprattutto alle parole, alle emozioni, ai desideri. Spesso dipende proprio da questo la sensazione di vuoto: privare di senso la propria emotività, e giudicarla aspramente, come se fosse colpevole. E la figura di un terapeuta comprensivo è un banco di prova, un modo per provare a ridare senso e valore ad un’anima ferita. 🙂
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certo Giulia, ogni storia poi è a sè. Descrivere il disturbo puro o la sensazione di controtransfert non è qualcosa di applicabile tout court a tutti. Mi fa molto piacere leggere anche la tua esperienza, sono confronti umani che riempiono “il mio stomaco da psicologa”, 🙂 ti auguro allora di riscoprire il sapore pieno, denso talvolta anche pesante della parte emozionale … “del cibo”… 😉
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Grazie per questo augurio! A me piace pensare che l’alleanza terapeuta/paziente sia tale da lasciare tracce positive in entrambi. Che il sentirsi usati sia il modo per acquisire un nuovo senso di sè all’interno della relazione, un ruolo più dinamico, e l’usare un modo per accorgersi di esistere, per sentirsi parte di qualcosa 😊
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certo Giulia c’è solo qualcosa da considerare. Il resoconto che ho condiviso è solo un piccolo pezzo di una più ampia seduta, fatta con una paziente specifica, questo cosa vuol dire? Innanzitutto che la nostra relazione è specifica di quel dato momento (la terapeuta in quel momento e la paziente in quel dato momento, sono due persone che entrano in una relazione creata anch’essa nel dato momento) pertanto in un’altra situazione, entrambi (terapeuta e paziente) e la relazione stessa, sarebbero diversi. Il sentirsi usati, ad esempio, non avviene sempre (non con tutti i pazienti, non con tutte le dinamiche) così come usare o sentirsi usati, sono concetti ben più ampi quando trattiamo di situazioni date dal e nel setting stesso. Sicuramente (e per nostra fortuna) la relazione è tale proprio perchè consente scambio fluido tra terapeuta e paziente che però restano sempre tali, ovvero ci sarà sempre una sottile linea di demarcazione che farà sì che la relazione sia protetta e restino distinte le parti di chi ne fa parte 🙂
Ecco.. mi sono anche dilungata 😀 grazie per la risposta che mi consente di parlare più nel dettaglio del mio lavoro.
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È davvero illuminante quello che hai scritto 😊
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Ne sono lieta. Buona giornata, Giulia 😊
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I disturbi alimentari mi accompagnano da tutta la vita. Li ho fatti tutti, dalla magrezza estrema all’obesità devastante. Delle vere e proprie montagne russe. Ora sono anoressico-bulimico.
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hai descritto il “tipico” quadro di questi disturbi. Come dicevo sono complessi, multi sfaccettati e molto radicati ma se adeguatamente seguiti, si può quantomeno capire come fronteggiarli (o meglio conviverci) se (come talvolta accade con alcuni pazienti), non si desidera una completa remissione del disturbo. grazie per il commento 🙂
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è una bruttissima esperienza per chi deve affrontarla, io per fortuna non ho mai avuto nella mia vita alcun tipo di problema legato al cibo, anche perchè le poche volte che ho mangiato di più poi sono stato male, quindi ciò bloccava già prima ogni mia smodata volontà di cibo.
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Che bello l’equilibrio che hai, Max 🙂 comunque sì, sono disturbi che creano molta sofferenza; andrebbero affrontati in un modo molto specifico e presi il prima possibile facendo un intervento multidisciplinare. grazie per il commento. un abbraccio.
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È terribile
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sì, tra quelli più sottovalutati ma più carichi di sofferenza, specie perchè provati maggiormente in fasi della vita delicate, quando si è molto giovani.
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Già io no non mangiavo proprio
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Brutte situazioni da non sottovalutare mai. Fortunatamente oggi se ne parla di più, si affrontano le problematiche annesse a questi comportamenti che danneggiano corpo e spirito di chi le vive grazie anche al grande supporto di bravi professionisti come voi.
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Grazie per il commento. buona serata, un abbraccio.
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