Giovanni ha 7/8 mesi; gattona serenamente nella sua cameretta esplorando il mondo circostante. Mette qualcosa in bocca (chissà se le costruzioni hanno un sapore particolare), scopre, urta qualche mobile ma senza indugiare più di tanto, prosegue la sua giornata da piccolo esploratore di quella cosa così entusiasmante e meravigliosa che è il mondo “là fuori”.
D’un tratto però, Giovanni arriva vicino le scale che conducono al piano inferiore della casa… Qualcosa non è come sempre e non torna… Cosa sta accadendo?
Qualcuno ha lasciato il cancelletto di sicurezza aperto e Giovanni ha innanzi un quesito..
Là dietro non c’è più niente.. il mondo è finito? C’è buio e il pavimento su cui Giovanni gattonava serenamente, è finito.
Cosa fare?
Due ricercatori, Eleanor Gibson e Richard Walk durante gli anni 60, hanno dato vita ad un esperimento noto come “precipizio visivo” e concerne proprio la percezione della profondità (sia in animali che l’uomo).
I due ricercatori costruirono un apparato sperimentale semplice ovvero una struttura in legno a forma di parallelepipedo composta di due parti: una parte piena (costituita da superfici fatte a scacchiera – bianca e nera- ) a cui ne segue subito adiacente una vuota (trasparente) fatta di vetro che lascia intravedere il fondo; anche le superfici laterali della struttura sono fatte a scacchi. Una lista di legno di 40 cm di larghezza e di un certo spessore, separa il vetro dalla superficie a quadri e serve da “confine”.
Il campione esaminato consta di 36 bambini di età compresa fra i 6 e i 14 mesi. La situazione sperimentale prevede che il bambino sia posto al centro della struttura con la madre che resta in piedi all’estremità della superficie di legno da dove chiama il bambino il quale, si dirige senza esitazione, verso la madre.
Successivamente la madre si pone dal lato della superficie di vetro (quindi lato del precipizio) e chiama i bambino. Ciò che è emerso è che nonostante la maggior parte dei bambini abbia toccato con la manina la superficie, non si dirige verso la mamma; alcuni restano al centro sulla zona di confine, la maggior parte scappa dalla parte opposta e altri ancora -fermi sul confine- scoppiano in un pianto senza sosta perchè impossibilitati a raggiungere la madre. Pochissimi diventano avventurieri e sfidando la sorte, raggiungono l’amata mamma.
Secondo Gibson e Walk l’abilità di percepire e discrimare la profondità è presente non appena i bambini sono capaci di muoversi autonomamente (anche se carponi), e si fonda sulla percezione visiva. Secondo i ricercatori infatti, la percezione di profondità matura più velocemente delle abilità motorie. E’ stato inoltre dimostrato che alcune specie di animali e gli uomini, appena sono in grado di muoversi nell’ambiente sono in grado di percepire la profondità ed esibiscono comportamenti motori di evitamennto di uno spazio percepito come un vuoto o un precipizio.
L’esperimento apre a considerazioni davvero interessanti…
“Finisce bene quel che comincia male”.
Dott.ssa Giusy Di Maio.
Para mí, solamente un ávido lector, lo que expones me lleva a consultar más sobre el tema para poderlo entender. Y así voy incrementando mis conocimientos en asuntos psicológicos que no tenía la menor idea de su existencia. De allí que me entero que la inspiración de Gibson para el experimento sucedió cuando ella se encontraba almorzando en un borde del Gran Cañón. Ese día se preguntó si un bebé, al mirar hacia abajo, percibiría el peligro y retrocedería. De allí es que ellos concluyen que la madurez biológica nos predispone a tener precaución frente a las alturas y la experiencia la aumenta. La precaución de los bebés ante las alturas aumenta cuando empiezan a gatear, independientemente de la edad en que comiencen a hacerlo. Los bebés que empiezan a caminar se vuelven más cautelosos ante las alturas.
Por lo menos me queda la satisfacción que la actuación de mi nieto concuerda con estos conceptos. El que no sabe es cómo el que no ve. Cada día se aprende más ahora que tengo a la mano tu blog.
Un buen ejercicio mental. Saludos y buena semana Giusy
Manuel Angel
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Manuel me haces tan feliz con tus palabras! De Verdad! saber que te apasiona lo que digo me emociona cada vez.
buen nieto! 😀
te abrazo.
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davvero curioso questo esperimento, dimostra come certe volte l’inconscio dei neonati contiene più saggezza di molti adulti, che sprezzando il pericolo talvolta si gettano in situazioni che dire estreme è dir poco. Bisognerebbe capire come mai crescendo queste paure sane vengono rigettate, a favore di un’incoscienza spesso deleteria, non solo per se ma anche per altri…
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infatti adoro questo esperimento perchè si presta a tutti questi interrogativi davvero interessanti. Magari sulla tua domanda, vedrò di fare qualche post più avanti 😀 sempre illuminanti i tuoi commenti 🙂
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Bellissimo lavorare con i bambini di quella età, stupendo esperimento
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sì 😀 un pò invidio i colleghi che fanno questi esperimenti, lo ammetto 😀
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