
Ho comprato due cinture di Juta: mi piace la Juta.
La Juta, detta anche canapa di Calcutta (proprio perché simile alla canapa),proviene da una fibra ottenuta da un arbusto (corchoru) che si presenta -appunto- simile alla canapa senza presentare lo stesso odore o principi stupefacenti.
Appartiene alla famiglia delle Liliacee e si presenta come un tessuto altamente biodegradabile e riciclabile.
Ha un elevato punto di rottura che le conferisce una estrema resistenza.
Garantisce traspirazione.
E’ igroscopica (assorbe prontamente le molecole di acqua presenti nell’ambiente circostante).
Si mescola e intreccia con altri filati.
Mi piace la juta perché ha una trama fitta, sottilmente doppia.
Quando passi il polpastrello sulla juta senti tutti gli intrecci che stringendosi, legandosi e saldandosi si sono dati e detti un patto: insieme e resistenti.
La juta è resiliente: si disfa, rompe i suoi legami quando questi hanno smesso di fungere la loro funzione e invece di fingere o di arrivare al punto estremo di rottura, si reinventa.
La juta riparte da zero, si ri-cicla e comincia un nuovo ciclo.
Mi piace la juta perché ha il suo caratteristico odore.
Sa di terra.
L’odore della juta racconta tutta la sua storia; storia di campi, di forza e bellezza..
Storia di viaggi, di racconti, di estati.
Mi piace la juta per le emozioni che i suoi intrecci mi donano.
Mi piacciono le superfici irregolari, rugose; mi piacciono gli intrecci, i nodi, le (non) linee.
Mi piace toccare la juta perché è come toccare un corpo formoso: è caldo, curvo e tondo.
Sa di passione.
Non amo gli spigoli e le forme piatte.
Amo il caldo.
(Vorrei vivere in una fibra di juta.)
“Finisce bene quel che comincia male”.
Dott.ssa Giusy Di Maio