“L’arte di tacere è importante, l’intimità deve essere preservata.”
Sophie Marinopoulos, psicoanalista.
Prima del Covid, insieme ad una collega Psicoterapeuta tenevamo i corsi C.A.N. (Corsi di accompagnamento alla nascita); i corsi sono gratuiti e aperti ad entrambi i genitori (viene caldamente consigliato al padre, di partecipare; viene caldamente sconsigliato alle suocere di partecipare).
Parlavo con alcune donne che aspettavano un bambino; la maggior parte di loro sosteneva di sentirsi stanca, svuotata quasi senza aspettative e idee circa il cosa fare.
Le idee che queste donne sostenevano di non avere più, erano legate principalmente a ciò che gli altri sembravano aspettarsi da loro “lavorare, essere delle buone mogli, portare avanti tutte le faccende da fare.. sorridere sempre.. essere accoglienti, accorte e buone”.
La maggior parte di loro, tuttavia, sosteneva di non aver voglia di far molto “niente in realtà”
Le ho guardate e ho detto loro che forse la loro gravidanza, era un momento di raccoglimento in cui, come madri, oltre a tenere e contenere il bambino, stavano tenendo e contenendo tutte le parti di sé prima di lasciarle andare via, insieme al (futuro) nato.
Ho immaginato che questa loro chiusura, potesse essere -forse- una chiusura narcisistica.. una sorta di difesa che si squarcerà nel momento in cui uscendo, il bambino attesterà nel reale, la loro (nuova) posizione di donna e madre.
Tacere, preservando l’intimità e quello spazio fusionale, di simbiosi che andrà poi gradatamente (nel corso dello sviluppo del bambino), abbandonato le aiuterà a:
I sentimenti sono stati duraturi dell’esperienza affettiva mentre le emozioni, al contrario, indicano stati affettivi spesso intensi e di breve durata, capaci di influenzare sia i processi psicologici interni sia il comportamento. Infine, con umore, si indica una tonalità affettiva di base, capace di influenzare sia lo stato affettivo temporaneo sia il tono emozionale abituale
I luoghi e le persone parlano e ci parlano.
Non c’è posto, situazione o persona che non invii sensazioni ma soprattutto energia (ricordiamoci che l’apparato psichico di quantum energetico ne fa una questione di benessere o meno).
Questo cosa potrebbe significare?
Che le persone che inviano (in un certo senso) vibrazioni non del tutto positive o chiare portano l’interlocutore a compiere un uso massiccio di energia per “comprendere, fare, dire”.. energia che potrebbe essere usata per ben altri scopi.
Confondere per non confondersi o confondere per evitare di fare i conti con se stessi, rende le comunicazioni fredde, statiche e per nulla arricchenti.
Il post di oggi si presenta come una riflessione – forse- psy..
La notizia del giorno vuole che il (loro) presidente del consiglio Mario Draghi, durante un conferenza stampa, se ne esca con una frase che vuole che gli psicologi siano una sorta di furbetti del vaccino (che cattivoni questi Psy!) e che gli under 35 non debbano avere diritto al vaccino.
Un momento Presidè.. vediamo di capirci perchè Lei sarà anche bravo a fare i conti (motivo per cui, a quanto pare, è stato al primo posto della luxury list di accesso alla suddetta carica), ma io son pratica di psicologia, iter di studio e tirocini quindi forse qualcosa gliela devo spiegare io , visto che lei è beatamente seduto sulla sua poltrona, al caldo, al chiuso.. esposto al nulla cosmico.
Non ho mai amato chi, parlando dell’iter di studi della psicologia, non fa che dire “sono più di 10 anni di studio.. nessun rimborso spese… tirocinio aggratis!“.. Questo perchè (a costo di sembrar noiosa) ho sempre e solo fatto leva sulla passione e l’amore perchè solo quelle reggono l’esistenza umana quando la frustrazione, lo sconforto o il buio è lì lì per fagocitarti.
Lei sostiene che sia inutile vaccinare un under 35 psicologo.
Un under 35 psicologo è, nella maggior parte dei casi psicoterapeuta o sta terminando gli studi di specializzazione (quella famosa, a gratis)..
Un under 35 che svolge il tirocinio vuol dire che è continuamente esposto (a differenza sua) al contatto con persone (mi sembra che il contatto con le persone, quotidiano, sia il modo per essere esposti al virus).
Un under 35 che lavora come psicologo o psicoterapeuta è un professionista che è esposto – quotidianamente- al contatto con le persone CFR., SUPRA.
Ancora.. un under 35 tirocinante è inoltre un professionista in costruzione che gratuitamente svolge un lavoro per lo stato che, quando si tratta di non retribuire o non riconoscere una figura professionale, ha bisogno dei tirocinanti o dei volontari per mandare avanti tutto il suo assetto così da ricavarne un rientro economico (ora qui mi fermo, i conti non sono il mio mestiere, ma il suo).
Altro punto Presidè..
La mia è una Professione Sanitaria! e.. in un DPCM è esplicitamente scritto che se si accerta la mancata vaccinazione dell’operatore sanitario in questione, si prevede la sospensione dall’esercizio della professione.
Una cosa che ho trovato molto, molto divertente Presidè, sai qual è? Quella che mi vuole furbetta del vaccino accusando la mia categoria di aver “rubato” il vaccino agli anziani..
Niente..niente..
Dopo le stragi nelle RSA che voi avete portato avanti (e chi mi conosce sa quanto questa cosa a me faccia male), la colpa ricade su una categoria professionale che non si è mai fermata?
Sono stati più gli psy che in tempo di pandemia hanno lavorato gratuitamente salvaguardando la salute psichica e preoccupandosi del benessere psicologico (di cui evidentemente lei non sa niente) della popolazione, che quelli che si sono chiusi nelle loro stanze dorate fingendo impegno e interesse sociale…
Presidè.. io rido.. ma è riso amaro, come il film.
L’Italia resta un paese che fa a chi figli e a chi figliastri.. dove vige ancora la differenza forte tra categorie professionali e – soprattutto- umane.
Rido inoltre.. perchè l’Ordine degli Psicologi della Campania è riuscita mesi fa, in tempo record, a fare avere (agli psicologi regolarmente iscritti all’albo) accesso ai vaccini; i vaccini vanno avanti senza problemi, con un ordine spaventoso, con grandissimo rigore, pulizia, puntualità buttando un occhio agli allergici, senza file code o altro..
No per dire..
C’è chi si ferma e crede a ciò che vogliono far vedere e chi non si ferma e va con occhio ad accertarsi dei fatti.
Ognuno svolga il suo lavoro Presidè.. ma ci pensi bene prima di accusare una categoria di giovani professionisti che sono ancora nel pieno della passione e per niente pervertiti (linguaggio psicoanalitico) dalla noia, dal sistema e dallo sconforto.
Ci pensi bene.
Si ricordi che la salute psichica è un bene da preservare e che può vacillare da un momento all’altro.
“Il desiderio è qualcosa di mio, di mio proprio, ma al tempo stesso è una forza che io non governo, che mi oltrepassa, è una trascendenza; abita me, ma è oltre me; abita me, abita il mio io, ma il mio io non è in grado di governare questa esperienza.“
Massimo Recalcati.
Come diceva Freud “l’Io non è padrone in casa propria”…
Questo perché L’inconscio dirige senza nemmeno avvisare..
“Non si può giocare davvero a nessun gioco se si sa in anticipo di vincere sempre”.
Massimo Recalcati.
Sapete -ormai- che sono un’appassionata del gioco, sia esso in forma prettamente sportiva che – soprattutto- di fantasia.
Proprio la sfera della fantasia (che in psicoanalisi assume però sfumature particolari e specifiche; prima o poi mi toccherà un approfondimento), e del gioco mi sono ampiamente utili durante lo svolgimento/osservazione dei colloqui clinici.
Uno dei problemi maggiormente evidenziati, negli anni recenti, è proprio l’impossibilità dell’accettare da parte dell’utente di turno (che si tratti di un bambino o di un adulto) la possibilità di perdere.
Evitare e negare la possibilità di “non vincere” limita ampiamente la nostra possibilità di fare esperienza anche e soprattutto dell’errore.
Vincere senza godere della partita, senza sudare farsi male e sbucciarsi le ginocchia, sapendo che il trofeo è lì che ci aspetta ancora e ancora, rende il gioco di fatto nullo e finto.
L’Exuvia indica – in biologia- i resti dell’esoscheletro (la struttura esterna più o meno rigida che fa da protezione al corpo dell’animale ed eventualmente da sostegno agli organi) dopo la muta di un insetto, crostaceo o aracnide.
L’Exuvia è ciò che resta dopo che è avvenuto un cambiamento formale.
Exuvia, questo scarto, mi fa pensare all’Io e il “suo” progetto per/dell’identificazione. Il futuro – infatti- non può coincidere con l’immagine che il soggetto si crea di esso nel suo presente e questa non coincidenza (di cui il soggetto fa quotidianamente esperienza), deve sostituire alla certezza perduta la speranza di una coincidenza futura possibile.
L’Io quindi, per essere, deve appoggiarsi a questa possibilità/augurio; tuttavia questo tempo futuro che sarà raggiunto, dovrà a sua volta lasciare spazio e diventare fonte di un nuovo progetto in un rimando che terminerà solo con la morte (in tal senso penso a una nuova exuvia).
Tra l’Io e il suo progetto deve persistere uno scarto; tale scarto deve presentarsi e prestarsi come la possibilità secondo cui la differenza tra Io attuale e Io futuro deve sempre restare, almeno parzialmente, una incognita. E’ proprio per la presenza di questa progettualità, della dimensione progettuale, (necessariamente irrealizzabile nella sua interezza), che appare quanto il soggetto umano, nel suo essere soggetto desiderante, è costituito anche dal negativo ovvero da desideri che non ha soddisfatto, che non ha realizzato e da ciò che non è divenuto.
L’exuvia persa lungo il cammino della nostra costruzione come Io desiderante – e per questo mancante- ci ricorda della possibilità di lasciare un calco, un pezzo, una esperienza per “la strada” al fine di dare nuova vita alla nostra esperienza.
Caparezza è tornato il 30 marzo con il primo pezzo del nuovo album, pezzo che ha proprio come titolo Exuvia.
Giusto un anno fa ho lasciato il mio calco altrove dall’adesso e lontana da un posto in cui non c’era casa, nel mio nuovo scheletro in costruzione so di essere nella mia isola senza tempo, nel mio polmone verde fatto di aria di sogni e di speranze; isola di attracco per pochi.
Ieri nel tardo pomeriggio (il tempo è sempre poco o pochissimo) mi sono data alle pulizie di primavera, cominciando dalla cucina.
Come prima cosa ho messo la playlist di Manu Chao.
Ballando, ballando ho cominciato a pulire, ordinare.. strofinare e saltellare di mattonella in mattonella “qui va la radice di Baobab.. qua la Maca.. la cannella..”
Il tutto avveniva in un’atmosfera altamente rumorosa creando delle configurazioni al limite del cartone animato (perché come dico sempre.. talvolta mi sento protagonista per davvero di un cartone animato).
Dovete sapere che a casa mia ospito una quantità assurda di animali.. mi spiego..
Dal trasloco, effettuato, mi sono trovata invasa i balconi di piccioni e uccellini/uccelletti vari. Siccome sono da sempre animalista convinta e (le tre caviette di cui sono mamma possono testimoniare a mio favore) tratto meglio gli animali di me, motivo per cui decisi- all’epoca- di provare a far passare ai piccioni, la fantasia del mio balcone mettendo una playlist di versi di gufi e civette. In sostanza (roba che manco Piero Angela all’esame di ornitologia generale) mi son fatta una cultura sui predatori dei piccioni scoprendo che hanno il terrore dei gufi.. quei maledetti però.. essendo creature altamente intelligenti hanno attuato una expertise pertanto.. al terzo ascolto hanno capito che volevo fargli il pacco e continuano a giacere sui miei davanzali delle finestre gettando ogni tanto la capoccia in cucina (giusto per non farmi sentire sola).
Ho un geco che vive in cucina con me (anche lui si fa beatamente gli affari suoi nutrendosi a scrocco delle mie briciole senza nemmeno pagare l’affitto); ci sono le lumachine sul balcone e svariate farfalline che gironzolano di qua e di là (saggezza popolare vuole che le farfalline indichino soldi.. ma alla sottoscritta non son mai stati soldi in arrivo ma sempre in uscita).
Detto ciò.. la mia vita da San Francesco immersa negli animali, continua con la presenza di piantine disseminate un po’ ovunque.. Il tutto in un clima altamente africano..
Mo che c’entra tutto questo?
Ieri (passando poi alla playlist dei Pink Floyd), ho cominciato (come mio solito) a prendere in giro gli animali e le piantine che mi circondano facendo vocine stupide e inscenando ipotetici dialoghi.. Insomma.. mi son presa molto poco sul serio.
In psicologia viene fatto continuamente leva su concetti come immaginazione, fantasia e godimento. La capacità di immaginare aiuta l’individuo a uscire da una lettura che sia solo concreta e rigida, della situazione che vive. L’immaginazione consente di attuare letture ipotetiche; consente di attuare un decentramento cognitivo con cui l’individuo preda delle possibilità sperimenta e si sperimenta in situazioni ipotetiche prendendosi poco sul serio e immaginando “la possibilità che.. la possibilità di..”.
Immaginare e desiderare…
Senza desiderio non c’è soggetto, come Lacan ricorda, e il soggetto non può rinunciare al godimento ma senza desiderio è soltanto una sostanza che gode (analogamente a quanto potrebbe avvenire nel regno animale).
Perdersi tra le stanze della fantasia riconnettendosi con il proprio desiderio; un desiderio che può o meno essere silenzioso.
Il mio mondo personale ha poco di silenzioso ma attenzione.. conosco benissimo il senso e la funzione del silenzio.
Gli studi da musicista mi hanno concesso la possibilità di comprendere l’uso e la funzione del silenzio e proprio per questo motivo dico sempre “il silenzio non si giustifica”.
Attenzione.. Quando parlo di silenzio non mi riferisco ai “musi lunghi”, al tormento o alla mancata comunicazione ma riferisco a uno spazio mentale intimo e personale.. a una pausa necessaria per la nostra vita.
In musica le pause sono una oasi di pace per il musicista.. Quando suoni il piano la pausa diventa un momento in cui per un tot puoi – ad esempio- alzare il polso e rilassare in quel modo polso mano e di converso braccio spalla e schiena allentando la pressione generale del corpo, questo perchè nulla nel nostro corpo è dissociato ma ogni piccola percentuale del nostro essere è legata e funzionante all’unisono.
Fantasticare perdendosi – magari- nella dimensione silenziosa della nostra mente apre alla riscoperta delle nostre possibilità.
Ricordiamoci dell’importanza di giocare “a..” impariamo a prenderci poco sul serio ogni tanto; proviamo a scherzare prima di tutto su noi stessi e non offriamo continue spiegazioni delle sensazioni e delle emozioni.. ma proviamo a viverle; così facendo anche chi ci starà vicino più che chiedere spiegazioni.. proverà le stesse sensazioni e comincerà a vivere e sperimentare, analogamente a come facciamo noi, gli stessi scenari ipotetici aprendo al dialogo e al confronto.